venerdì 29 aprile 2011

Porque?


Devo portare una persona da lui.

mercoledì 27 aprile 2011

E' sordo



"Plutarco mi ha consolato e mi ha ispirato la rassegnazione. Sono fermamente risoluto a contrapporre alle avversità del destino un'anima forte, anche se vi sono dei momenti in cui io sono la creatura più disgraziata del mondo."                    Ludwig Van Beethoven

"Il mondo sottosopra"




"Mia soltanto è la patria della mia anima. Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa; essa vede la mia tristezza e la mia solitudine ma non vi sono case: furono distrutte durante la mia infanzia, i loro inquilini volano ora nell'aria in cerca di una casa, vivono nella mia anima."
M. Chagall



 

domenica 24 aprile 2011

Non sono al momento raggiungibili.


Avrei voglia di chiamare Russeau, Socrate, Galilei, ma, al momento, non rispondono. Sto cominciando a preoccuparmi, non vorrei che fosse successo qualcosa di spiacevole.
Qualche giorno fa, Jean si portava la testa con le sue elaborazioni cervellotiche sulla morale, sempre nuove, sempre appassionate; poi abbiamo chiamato il "greco" insieme per  invitarlo al banchetto di sabato notte- era in piazza a ragionar di governo e princìpi con i suoi più detrattori. 
Mentre tornavo a casa, erano circa le 7, sono passato da casa di Leo che mi ha offerto un bicchiere di vino e raccontato piacevolmente le ultime dal cielo.

Ormai si è fatto tardi, ma spero tanto di poterli incontrare domani perchè ne ho veramente bisogno. Mi farò sentire certamente! Voglio assolutamente sapere cosa diamine è successo loro stasera.
Sembra strano, ma ho con loro un rapporto speciale: non è semplice trovare persone del medesimo spessore umano.
Jean è francese e ho detto tutto... ha manie di persecuzione, valuta ogni gesto/atto/movimento personale o collettivo in base alla funzione morale che vi riscontra...un po' pesante. 
Devo, tuttavia, confessare che da buon francese, oltre ad essere pieno di sè e convinto della superiorità delle sue ragioni, ha un'eleganza anche nell'esprimere il suo dissenso:una classe che impone obbedienza. 
Jean, inoltre, è straordinario nel cogliere e rapportare ogni fatto o gesto con i valori che universalmente devono o dovrebbero informare l'agire umano.
Leo, invece, è strambo. Ha delle idee tutte sue su come devono girare le cose.
Seppure non dotato di una grande personalità che gli dia la forza di imporsi, non si ferma mai dinanzi ai "no" che gli piombano addosso da parte di scienziati e professori che attaccano la sostanza scientifica delle sue scoperte.
Molta gente tende a emarginarlo. Amo la sua capacità di individuare, nella realtà circostante, aspetti diversi, che sorprendono la mente di spalle. Non mi importa se quanto sostiene non è ritenuto epistemologicamente accettabile.
E' più gratificante andare a vedere e analizzare quello che lui concepisce, piuttosto che cassarlo e poi, chissà che un giorno si venga a sapere che abbia ragione lui...
E per concludere: il greco! Parlare con lui è come guardare il mare. Nonostante possa vantare certe qualità ineguagliabili, non lesina ragionamenti anche all'uomo della strada. 
E' leale: fedele alle sue idee. Non vi rinuncerebbe anche a costo di lasciarci la pelle, ma quello che contraddistingue la sua indole è l'amore per il ragionamento nella sua pura essenza priva di ogni violenza discendente da pregiudizi socio-culturali.
Senza di loro è un grande vuoto.


sabato 23 aprile 2011

Nuovo Blog





Sto creando un blog:
                                       LA DIGNITA' DEL BRUTTO

   - Storie di uomini costretti a sbracciarsi per ottenere un po'd'attenzione -

Partecipa anche tu!
Quante volte ti sarà capitato di sentirti dire:
- "sei simpatico, sei come un fratello"
- " adesso non mi sento di cominciare una relazione, sto pensando a me stessa e alla mia vita"
- " non ti merito".


Sono certo che anche voi, presto o tardi, vi siate trovati a giocare alla "bottiglia".
Dopo tanto guardare, vi ponevano la fatidica domanda "Bacio, carezza o schiaffo" e beccavate "bacio"! Non si trattava, tuttavia, di fortuna, ma solo del bullo di turno che vi usava come punizione nei confronti di qualche donzella o semplicemente per fare il simpatico...
Si metteva in moto la bottiglia, e voi incantati, ammaliati dal roteare senza fine della bottiglia...uvf uvf (il volteggio della bottiglia)...uvf..uvf..
Stavate con gli occhi sbarrati, quasi a spingere il collo della bottiglia in direzione del vostro obiettivo militare..
Si era fermata....eh si, eh si, controllavate e ricontrollavate, ma indiscutibilmente quello strumento divino, utilizzato volgarmente come contenitore per acqua, indicava "Lei".
Nonostante le risatine tutt'intorno e le battute manualistiche in ordine al livello di gradevolezza di un vostro bacio, voi eravate al traguardo e per niente al mondo ve lo sareste fatto scappare.
Vi siete improvvisati geometra al momento in cui lei ha tentato di avanzare, con un certo fastidio, l'ipotesi che il collo della bottiglia non fosse esattamente in asse con la propria persona e che, pertanto, era neccessario effettuare una ulteriore "girata"...lei non era cosciente che la bottiglia era piantata in quella posizione con chiodi di fuoco ficcati dal vostro sguardo a martello, ma lo ha inteso quando ha visto la vostra reazione nei confronti di colui che ha provato ad avvicinarsi a quella che non era più una bottiglia, ma la vostra pietra filosofale, per modificarne la posizione.
In quel momento voi siete diventati il nuovo M.L.King e avete accusato costui di crimini contro l'umanità.

Non avete avuto riguardo per il vostro orgoglio messo a ferro e fuoco dalle denigrazioni di sorta e da quel suo moto di sdegno nei vostri confronti.
Voi, sordi, ciechi: la furia di una mandria di bufali. Lei, una erba tenera, dolce,desiderata.
Si doveva fare la volontà di Dio (il vostro). Lei sull'altare come agnello sacrificale, tremante, guardava con sguardo sofferente l'amica del cuore per l'estremo saluto.
Voi, fieri e gloriosi, avvicinate le vostre labbra alla sua bellezza... lei stringe gli occhi; silenzio in sala, tutta l'attenzione su di voi, come non era mai successo...

Con la coda dell'occhio, vedete la sua amica sgattaiolare fuori dalla stanza: forse non voleva assistere al rito propiziatorio...dopo qualche secondo entra la mamma dell'amica per portare la roba da mangiare...tutti scappano verso il tavolo, lei, il vostro agnello, scivola via silenziosa e corre, commossa, ad abbracciare l'adorata amica in stile liberazione dai campi di concentramento.
La signora chiede che cosa stessimo facendo tutti in silenzio e rivolgendosi a me dice: "eccoti un buon panino, ci voleva proprio, eh?"
Siete rimasti tutta la sera a masticare lo stesso boccone, immobili, fermi, inutili, scherniti.
The End.

                                                                                                 Per Jack

martedì 5 aprile 2011

I miei migliori secondi (I primi erano già passati)

                                                      
Erano li, i miei giorni affannati. Mi aspettavano ad uno ad uno a rammentare errori e e fiammate, a sedurre, sfacciati, i miei occhi sgranati per la fame.
Ho ancora, tra i gingilli più preziosi, l’odore di quei secondi in ascensore, sospesi tra me e il futuro.
Mezzo minuto per volta, tre volte a settimana: erano secondi brevissimi in salita, ma che, mi ci gioco la testa, si moltiplicavano quand’ero in picchiata.
Pensavo? Cosa? Profondità della pozzanghera?
Mi viene da dire che viaggiavo veloce come un treno, ma, in realtà, non è cosi. E' solo che ho cancellato la terra di mezzo tra quello che voglio e quello che non sono più.
Di certo, c’erano candide nuvole, soffici di leggerezza che spesso venivano spazzate via dai frequenti monsoni neri; ricordo bene i miei fieri arcobaleni e sento ancora il letto sagomato a me, fermo e dannatamente estivo. E' da li che, indomabile, fissavo quei rami verdi.
“che ne sarà di me?” era il travaglio, doveva essere il meglio, ma era, di speranze, un gozzoviglio, sempre un “voglio”, dunque costantemente in subbuglio. (notare "a e i o u", da nobel)
E c’erano sempre sti 4 irlandesi a darmi le tenebre e la luce: Volare sul mare a pelo d’acqua fino a Dublino e poi Roma, Edimburgo e Los Angeles.
I personaggi che indossavo da bambino trasfiguravano la loro carica onirica in una ricerca di piacere e potenza "off limit"...una droga.
Ed è in questo modo che mi sorprendevo calciatore o astronauta, giudice o poliziotto, archeologo o cowboy, superman o batman.
Guardavo e riguardavo quel video.
Quei 4 mi accompagnano da quell’estate di quasi 20 anni fa.

lunedì 4 aprile 2011

L'ultimo e il primo.


                       
                                                                  
E'stato l'ultimo, il più importante, uno di quelli che lascia il segno, uno spartiacque: c'è un gran prima, un entusiasmante adesso e un luccicante dopo.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel giorno in cui, armi e bagagli, hai intrapreso il viaggio della vita.
Hai doppiato le vette delle tue mete, hai risalito il fiume della sfiducia, in piena e, ciò che è più importante, non hai mai perso un momento per divertirti a crescere.
Eri ferma, rannicchiata, quando hanno soffiato forte i familiari venti freddi: stavi li affacciata alla finestra di te  con un velo di nebbia sul cuore e io ti avvertivo.
Spesso il mio pensiero volava fino alla camera sul parco, con la tua luce, con gli azzurri impeti che si alternavano agli irriducibili sconforti.
                        (La ragazza alla finestra - Salvator Dalì)

Un bel giorno andasti via, e preferisco pensare che sia stata colpa del cioccolato e delle brioches calde all'albicocca, non voglio sapere altro.

Per me è stato il primo e non l'avrei mai detto. 
Mi hai salvato, ma ti vedevo ancora con l'impermebile rosa e gli orecchini rossi, non mi rendevo conto che la distanza aumentava; le mie parole non erano più le tue, i nostri cieli non miravano più allo stesso mare.
Mi hai tradito, non dimentico, ma non voglio sapere neanche questo, che già so.
Ho creduto che il peggio fosse già passato, o meglio che l'orgoglio si sarebbe nutrito, bestia, delle punte più aguzze delle mortificazioni, ma non fu cosi.
Ho la tua vita conficcata dentro, il ripudio è una freccia spezzata nel mio tallone. Non viene fuori, sanguina stupidamente.
Non mi perdonerò per questo, non perdonerò alcuna ragionevole sofferenza che abbia causato la mia tragedia.
Devo, tuttavia, confessare che hai sempre le mie chiavi: una tua parola o uno sguardo e io risorgo.
Hai sempre le mie chiavi anche se non le usi più o solo qualche volta, quando è necessario.
E'uno strazio.
E questa volta non indietreggerò neanche di un centimetro, ma quando ti volterai io sarò sempre li per te.
Se un giorno tu tornassi mi troveresti ancora al balcone a guardarti, come quando mi lasciasti.

                                                          

domenica 3 aprile 2011

"Ho dato le mie dimissioni, ma le ho rifiutate"


                                                                

Quando avevo 20 anni, ogni persona attorno a me era di vitale importanza cosi come erano fondamentali i pensieri e le tensioni, da cavalcare fino al tramonto.
Non volevo perdere niente né cedere qualcosa. Tutto era bianco o nero.
Un giorno, all’improvviso, mi hanno obbligato a crescere, a mettere da parte il mio spirito guerriero.
Non c’era nulla da fare, ero spalle al muro e, pertanto, spento l’interruttore, chiusi i rubinetti, serrata la porta, abbandonai la mia stanza Azzurra.
Eh, si, la mia stanza Azzurra.
La stanza Azzurra non aveva pareti attendibili , era una zattera in mare, era Maratona, era la Pampas, era il San Paolo, era la Procura della Repubblica di Palermo, era il castello della mia bella.
Sole o acquazzone, rischiarava, era senza fine, luminosa.
Dalla stanza Azzurra dialogavo quotidianamente con il mio dirimpettaio intenso e presente.
Nei lancinanti notturni, tra amori e domande, mi scrutava talvolta rugoso, altre rigoglioso, come le mie stagioni.

Un pomeriggio tiepido di primavera, feci appena in tempo a imprimere la stanza nei mie occhi che ebbi a scendere le scale, con lentezza; al settimo gradino mi fermai, diedi, con un velo di malinconia, un’ultima scorsa a quella soglia: non potevo più vivere lì in alto.
Prima di chiudere la porta feci un cenno col capo al mio affezionato fratello, tra di noi – di certo - non sarebbe cambiato nulla. Da sempre li di fronte a testa alta a farmi da specchio e da monito.
Dentro l'anima, pieno e amabile pur nell’amarezza, forte e delicato anche nel disappunto, parte integrante e irrinunciabile di me.
Dopo aver lasciato la stanza, tuttavia, gli incontri si fecero forzati, stanchi; solevo tornare da lui per illudermi che il nostro rapporto non avrebbe subito condizionamenti a causa della mia scelta, ma non era più lo stesso.
Poco dopo morì.
Mi manca. Sempre. Con me.
Ho lasciato la stanza Azzurra.
Al di là della stanza Azzurra c’era l’oceano.

[Rooms by the sea - Edward Hopper 1950]
Non mi strabiliarono le sue acque, né le sue profondità, piuttosto la mia abilità, come vi fossi immerso da sempre: veloce, rapido, potente, perfettamente orientato, predatore formidabile, navigatore eccellente, dominatore senza scrupoli.
Fuori dalla mia stanza, uno squalo.
Qui ci sono tanti stimoli e parecchie altre cose che neanche immaginavo. Qui è molto allegro e si sta bene: mi ci è voluto un po’ per abituarmi, ma alla fine ce l’ho fatta.
All’inizio mi sembrava tutto surreale; persone tante, tantissime, diverse, tutte nella mia vita, legate a me in modo molto differente.
Mi sbalordivo di me perché, tra queste, c’erano persone a cui – quando vivevo lì all’ultimo piano – non mi sarei avvicinato per nessun motivo.
Il fatto è che i principi e i valori, non miei, ma quelli in cui credo, non me lo avrebbero permesso.
Nella mia stanza Azzurra, per l’appunto, avvertivo forte la presenza di una semplice giustezza di condotta che diveniva insuperabile proprio quando se ne profilava la violazione o la sola minaccia.
Eppure, macinando e rimacinando, posso dire che, delle “profondità” oceaniche, mi spiazzava l’assenza di proporzione tra grado del rapporto e comportamenti dei soggetti parte: prendere un caffè, visitare un museo, viaggiare, schioccare un bacio, confrontare idee. Tutte azioni intercambiabili e astrattamente praticabili con chiunque.
Per me non era semplice: non riuscivo.
Mi impegnai molto su me stesso: prima di tutto, divieto assoluto di giudicare e, dunque, di condannare chiunque per le scelte personali, qualunque queste fossero.
In secondo luogo ho costretto me stesso ad imparare la semplicità.
Dovevo, insomma, sporcarmi le mani, vivere da uomo tra gli uomini e, lasciare li sui bei discorsi, i valori e i principi.


Parlo da vincente e non è questa la vita che sognavo.
Ho trovato due fiumi nella stessa città, ma nessuna magnolia, ho guardato Gesù negli occhi, arrabbiato; ho sentito un raggio di luce in mansarda, un istante.
Non è il mio posto, non è la mia stanza. Per quanto io sappia bene come muovermi, non capisco l’altrui agire e le mutanti ragioni al mutare di obiettivi sempre mutevoli.
Ho visto paesi (…) e opere del cuore non meno commoventi di quelle dell’intelletto, ho sentito vibrare  pensieri e paure il cui fervore mi innamora tutt’oggi, ho visto i miei abbracci percossi allo sfinimento.
Ho un mio angoletto in cui conservo gelosamente i ricordi nonostante manchino nomi al mio appello. Qualunque sia il motivo, non sono interessato alle ragioni. Io li trattengo stretti.
Mi perdo, mi perderò e non so come ringraziare per quello che mi hanno donato.
Il brillio di speranti parole al tramonto, la passione di una carbonara nel piovasco silano, un fazzoletto per lucidare l’istantanea senza graffiarla; tutto questo ha fatto da contraltare a fondamenta troppo fragili per le mie rose. Al sangue che, goccia per goccia, inesorabile, mi ha abbandonato. Alle mie parole traditrici.

Oggi, mi guardo indietro e vedo l’assurdità.
Ecco gli occhi perforanti, come ago e filo, insignificanti. Una volta monumentali.
La stanza Azzurra è chiusa, forse mio figlio vi accederà o forse avrà la sua, ma non io.
A volte mi soffermo davanti alla scala, salgo due gradini di impeto per tutte quelle volte che correvo in alto alla stanza Azzurra, furente, senza fine, verso me.
Ora, tutto ciò che mi rimane è una foto in bianco e nero.

Ho sognato ancora dei miei sogni, che già erano andati via.
Qui fuori si muove uno squalo.
Dentro la mia stanza io sono.

sabato 2 aprile 2011

Il Rosso e il Bianco



                                                                         
Boulevards incipriati di inverno,
trionfano, alberati, ai passi nuovi,
nudi per un inatteso esilio.
Quel salice spoglio di primavera, 
di mie fronde si tiene sicuro, giungeranno.
Difende, tra i brulli, il bisbigliante incedere.

La locanda mi avvince di carne e di vino,
radiosa per i bagliori di legno,
affascinante dei crepitii rupestri, 
mi persuade al suo boccale vermiglio.
E i volti desiderati convergono, li sento,
giocosi su di me, forestiero e appassionato.

Dietro, un vetro, una strada.
L’innamorata e un istante, mi allevia e mi redime.
Accudisce, materna, il freddo del piccolo, il suo.
Il padre vigila, forte, la sicurezza della famiglia.

Lo sguardo corre via al riverbero,
tra la neve di questo mio lungo inverno.


venerdì 1 aprile 2011

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