Era freddo il sudore sul collo di Enrico, mentre il sangue s'ingrossava fino alle tempie, a bruciare. Si guardava intorno, percorreva più volte lo spazio della camera, nervosamente; dalla finestra all'armadio, al letto, al comò fino ad arrestarsi ad un passo dalla soglia della stanza senza avere la forza di aprire la porta: era ancora accostata, ma non c'erano correnti che potessero trapelare ed in quel momento comprese Siria: aveva chiuso tutti gli spiragli. Ricò, timidamente, spinse lo sguardo sino alla foto felice che trionfava lucida sul comodino vicino il balcone e trovò, poco oltre, l'inevitabile in quel fardello che giaceva sul letto
Per ogni indumento riposto, gli occhi esondavano ad accecarlo, ma Enrico resisteva a malapena all'impeto istintivo, non poteva permetterselo. Si limitava, per aiutarsi, a premere l'avambraccio contro la bocca e a tirare su col naso. Prima la biancheria intima, poi i pantaloni, a seguire le camicie ed, a chiudere, il suo libro preferito. Aveva preso forma un bagaglio per una partenza imprevista, non voluta. Enrico, appena finito, fece scorrere la cerniera, afferrò la maniglia e tirò giù a strappo; ne sentì il peso e la brutalità, ancora.
La porta della camera si muoveva, leggera, impercettibilmente, ma non era di certo il respiro di Siria a tremarla, piuttosto la speranza di Ricò. Attraversò il corridoio verso l'ingresso tenendo la testa verso l'alto; man mano che la soglia si avvicinava, le palpebre battevano ripetutamente come ali incerte al primo volo. Ricò aspettava, o meglio, pregava che Siria lo trattenesse, ma indubbiamente qualsiasi motivo lo avrebbe fatto desistere, restare. Le gambe di Enrico erano piombo da sollevare, l'aria, un muro, Siria, immobile, arroccata su quel ciliegio.
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