martedì 24 aprile 2012

Il mio ultimo caffè








Mi incroci tutte le volte che prendo la strada dei ricordi, rendendo futile ogni mio sforzo teso ad evitarti o semplicemente ad assecondarti senza darti troppo peso.
Tiri fuori dal cilindro il coniglio, me, e intercetti le mie emozioni senza ritegno alcuno.
Oggi non ero su quella strada, quella della mente, del tempo di me,

uscivo dal palazzo importante, fiero e pieno di me: a guardarmi attorno, era un proliferare di mani che si stringevano alle mie in congratulazioni, per amicizia o per trarne benefici.

Il mio animo, quello con cui faccio a pugni da una vita, era intento solo a gloriarsi degli altrui riconoscimenti (in fondo ho sempre la testa di un 15enne); avrei potuto anche improvvisare un balletto, come ho fatto altre volte, sbattendomene dei formalismi da abito rigido, o meglio, mi sarei potuto cimentare in uno dei miei sport preferiti,  il flirting di qualche collega.
Invece no, ho fatto quello che, ormai da un po' di tempo, è mia abitudine: mi allontano come se dovessi recuperare la moto presso qualche traversa fuori mano, tiro fuori il lettore mpNonso, chiudo la cerniera della gabbia di vetro, mi nascondo e cammino, cammino, cammino fino a casa o alla bottega. Non percorro la stessa strada, scelgo secondo orario, luce o, come avrebbe detto una persona a me molto cara, in base alla sensazione.
Mi astraggo nella musica, la mia, nel cielo e tra i pensieri lasciati sospesi, vicino le nuvole, pronti a piovere.
Quest'oggi, più d'altri giorni, ho lasciato fuori tutto, lusinghe e tentazioni, stress e prospettive per evolvermi nel mio tempo, per gridare le mie tensioni.
Quando tu.

Con l'indice della mano destra lambisci il mio volo, oltrepassi le mie barriere, il mio spazio, le mie difese.
Niente frantumi di vetro, giusto il suono di una goccia per richiamare gli occhi, i miei.
E cosi hai fatto alle 13,00.
D'improvviso il traffico, le macchine e i motorini a starnazzare mentre io precipitavo nella realtà, a cercare di capire come ti fossi avvicinata.
Avanzavi verso di me, sagomata nel mio sguardo ammaliato dalla delicata femminilità:

- Come va, bell'uomo?
  (fu l'attacco)
- Bene tu, bonazza?
- Faccio la brava mogliettina, sono una regolare io..
 (sorriso accecante)
- Ci vuole il genio per la sregolatezza - (dissi sornione).
- Ci prendiamo un caffè? lì sarebbe perfetto. Su, su, cosi mi racconti i tuoi successi, ho letto qualcosa, ormai sei una star!
- Macché! son stato fortunato e poi lo sai che io non so perdere, è solo questa la mia fortuna.

(E lei mi parlava, con simpatia e affetto; sentivo la stima e la sua vanità, ma mi rendevo conto, man mano che i minuti ci spingevano l'uno verso l'altra, che nulla era casuale quel giorno, quell'istante, lei.
Quell'incontro, realizzai, era stato immaginato migliaia di volte, sublimato in una passione forte e fugace.
E mentre si assottigliavano le distanze tra il suo profumo e la mia cravatta, cresceva in me, inarrestabile, la voglia di baciarla come quella notte di giugno sotto la luna e poi di amarla come non ha mai dimenticato, come - mi segnala - desidera adesso più d'ogni altra cosa e come - so io - si pentirebbe domani, ma fino alla prossima volta).

- Ehi, bellezza infinita.. 
- mmm, si..
. Ami? Sei riuscita? 
- Ehh??
- Ami tuo marito? 
- Che intendi dire? Ss.. si, certamente.
- Voglio dire, mia cara, hai raggiunto quella pienezza di sentimento che con me non fu mai? Quando sei con lui, avverti l’amore della pioggia, la passione dei colori, la generosità d’animo, il culto del dubbio, lo slancio di passione libero dal sesso, il tormento agrodolce della vita che fa sorridere e piangere? Ti abbandoni a lui quando ti trovi nelle tue famose tempeste del dubbio ove non esiste il senso del “dover/voler essere”? 
Ti senti potente di te stessa, libera da quella quadratura coatta in cui hai cercato sempre di rientrare? 
Io con te lo son sempre stato, innamorato. 
Sei mia perché non mi appartieni, perché ci troveremmo in qualsiasi dimensione, sei mia perché l’unione nostra già esiste a prescindere dal resto, dai tuoi anelli, anche in un bar.

Questo avrei voluto dire.
Coraggiosamente, invece, improvvisai un sorriso affettuoso per sfiatare l'imbarazzo.
Le diedi un bacio sulla guancia, lento e appassionato, 
- Sei bellissima, ciao,
- ciao
mi alzai,
un sorriso, il conto e tornai tra quelle nuvole con il cuore in gola e il passo del giusto.  




2 commenti:

Anonimo ha detto...

come ti ha detto uno commentatore dal nome improbabile: vai avanti senza richiedere approvazioni.Non ne hai bisogno.
le frasi che mi colpiscono:
-chiudo la cerniera della gabbia di vetro entro cui mi nascondo.
perchè io non lo so fare con nonchalance, e tutti se ne accorgono sempre...
-Ci vuole il genio per la sregolatezza.
chè sono sempre fuori dal coro, sempre sopra le righe che siano dritte, storte, curve...
- desidera adesso più d'ogni altra cosa e come - so io - si pentirebbe domani, ma fino alla prossima volta.
Chè tante volte ce la raccontiamo solo per sentirci meno soli, solo per sentirci migliori...
-il passo del giusto...
per rimanere fedeli a sè stessi ed ai propri ideali.chè non è sempre facile...
chiara

Farnetico ha detto...

Chiara, Cara Chiara, Chiara Cara, Chiarissima o mia carissima...
Il fatto che tutti si accorgano che ti sei chiusa è un bene, è la cosa migliore che possa accaderti. Riuscire a rimanere chiusi in trasparenza, davanti agli altri, è la più grande solitudine, per me.
So poco di te, quello che mi racconti qui; è un bene secondo me star sulle righe, ma io credo sia sempre necessario ascoltare sempre.
Si, a volte è proprio cosi, d'accordissimo!
Il passo del giusto lo vedo come il passo della dignità come hai ben osservato. La cosa sbagliata, a volte, è anche conforme ai proprio bisogni, al momento in cui si vive.
In certi casi voglie e tentazioni sono insuperabili se non con la forza della dignità e del rispetto per se stessi.
Chiara non smetterò mai di ringraziarti, quindi GRAZIE!

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