Durante la settimana che si è appena conclusa, il premier Monti è stato messo alla gogna per aver definito "monotono" il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, aggiungendo, peraltro, che è bello cambiare e accettare le sfide.
Dopo una lunga riflessione e un'attenta disamina di commenti, articoli e tweet ho capito (ma probabilmente sono ritardato) che tutto quel mondo fantastico/ideale in cui sono cresciuto non esiste più.
Non mi riferisco alla normale evoluzione (o involuzione) ideologica, ma ad un contesto, ad una mentalità e ad una capacità onirica ora inesistenti.
Devo confessare che io sono stato l'ispirazione di me stesso, in ciò potendo risultare superbo, ma non è la spocchia la mia: è la verità in termini molto semplici.
Sin da piccolo io ho avuto fiducia, fede (chiamatela come vi pare) in quello che sentivo giusto, onorevole e bello cosi come nei principi che non sono miei (lo dico sempre), ma a cui io appartengo.
Non mi cimentavo, naturalmente, in sermoni o paternali; semplicemente ero di volta in volta "certo al 100%" che avrei fatto il poliziotto, l'astronauta o lo scienziato: la mia attenzione era catturata sempre da qualcosa di fantastico: scoprire nuovi pianeti, fermare i cattivi o addirittura vivere in un altro tempo...
Oggi potrei dire che sarebbe bastata la metà di quello che ho vinto per essere soddisfatto, ma non posso negare che ogni volta che si è presentata la possibilità di "fermarmi" sono stato abbastanza abile e pronto da mandare tutto al diavolo per scommettermi, per avere l'altra metà.
Non mi sono mai annoiato, non ricordo un anno uguale ad un altro né una una certezza che abbia resistito più di un equinozio, oltre la mia primavera.
Non intendo dire che non ho mai sbagliato o che è stato tutto rose e fiori, il punto è individuare quale sia stata la carota che seguivo per andare avanti. (vi risparmio le bastonate)
Credo, dunque, che Monti, in fondo, abbia ragione quando parla di "monotonia" e "sfide" nella misura in cui, attualmente, nella mentalità comune, è smarrita ogni capacità di sognare.
Da bambino sognavo, come dicevo: proteggere il mondo, esser l'eroe solitario, viaggiare per le galassie e, nei miei slanci, i soldi non avevano importanza, le donne erano principesse da salvare, non c'era nessuna attenzione per il ritorno di fama e di successo rispetto ad ogni mio desiderio.
E' cosi che è stato il mio percorso anche successivamente, cosi è che mi meraviglio per ogni viaggio, che studio, che amo, che, ogni volta, la paura mi ha aiutato a trovare la forza per scalare le montagne.
Penso che il premier non volesse mancare di rispetto o denigrare coloro che hanno un posto fisso, piuttosto ha voluto/vorrebbe quantomeno intaccare quell'assoluta assenza, tra i giovani, di alti obiettivi.
Milioni di giovani tristemente "sognano" i soldi in qualsiasi forma: da qui si assiste a fenomeni come l'eruzione di ricevitorie e punti scommessa, stracolme di gente intenta quotidianamente a vincere per migliorare la propria condizione economica.
Non ritengo sia ignobile cercare di avere un'indipendenza economica, ma il percorso mentale e di scelte non può esser diretto già in età adolescenziale allo stipendio, ai soldi per "comprare cose". Non tutti potranno realizzare i propri sogni, ma tutti dovrebbero lottare per raggiungerli.
Ritengo il sogno, inteso in via traslata come innamoramento del proprio desiderio più alto, fondamentale per la crescita individuale e collettiva: il sottostante sacrificio, quasi mistico, produce, infatti, per un verso, un innalzamento del livello culturale medio, e, per l'altro, implica necessariamente, il delinearsi di mille diverse opportunità di vita e lavoro.
Tutto questo è "la sfida da accettare".
Riecheggiando Million Dollar Baby, credo che un uomo possa dormire serenamente solo se ha avuto l'occasione di realizzare il proprio desiderio.
Il sogno ai nostri giorni più diffuso, contrariamente a quanto detto, consiste - piano con l'entusiasmo - nel diventare famosi, non importa come: soldi, belle donne, Sardegna, Idroscalo, Jet set ...e via via..Anche fare il calciatore, desiderio di ogni bambino, è sporcato dalla necessità di gratificare il proprio ego.
Cosa è un sogno se privo della matrice epica, salvifica, avventuriera?
Quando leggo di code infinite per il provino del Grande Fratello o per fare le Veline, quando sento difendere con fervore e pervicacia la scelta di partecipare al GF o ai programmi De Filippi, mi ammutolisco e penso che qualcuno o qualcosa abbia defraudato i giovani della magia e della forza del sogno.