(later, later, later)
Yesterday.
It Wasn't me.
Maybe.
It Wasn't me.
Maybe.
“Il mondo funziona a cicli, due volte ogni secolo l'oceano ci ricorda quanto siamo veramente piccoli. Una tempesta invernale arriva dall'Antartico spazzando il Pacifico, e spinge onde enormi su verso Nord per 2000 Miglia, e quando arrivano a Bert Beach diventano le onde piu' grosse che si siano mai viste, e io sarò là.”
E' un istante che non smette.Se avessi la forza di impormi a farti pensare a quei giorni, quando il fiato aveva il sapore d'eros e l'odore di porpora, allora sì, ti ritroveresti lontano, già per un'altra strada, innanzi ad altri occhi, anch'essi provenienti da diversi posti, traboccanti di dolorose paure, intenti, con eleganza che non ho, a succhiarti: ora pretendono, esigenti, il candore del corpo e la verginità dei sentimenti.L'amore o il disprezzo è impotenza o morte.Solo un attimo e poi, eccolo, un altro povero chiodo a cui appendere, in silenzio, con gesto repentino e indolore, un ricordo sconveniente e un'esplosione carnosa.Segregato allo sfinimento, isolato da quel rimembrar agrodolce e sospirato, mi rivedi nel tuo passato più vivo e innamorato fino al detestar delle cause che, ingenuamente, mi portarono a te.Purtuttavia un giorno accade, di soppiatto, per il lasso di 15 indimenticati minuti, che quella stanzetta non sia più bunker, bensì, di prestigio e senza autore, spazio libero e accogliente dei tuoi più naturali istinti del cuore.Ora splende quella parete ricca di insegne, fitta di corazze, magnifica.Tra quegli scalpi si confondono pure i tuoi; tra le pareti incompiute giace quello scorrere incompreso ai tuoi medesimi palpiti, il tuo.Per ogni cimelio appuntato, ti impegni a non frenare, a trapassare per viaggi torridi, a infilzare il passato come ferro nella corazza che indossi, questa nuova fiammante.Fai presto! Prima di loro! Angosciosi e nascosti quei tumulti ti scossero di senso, ti annientarono più e più volte. Non puoi farti sorprendere oggi, per questi pochi minuti: ti crollerebbero pesanti.Non hai che il suo mondo, quanto basta adesso.Qualche minuto rimane per la "lanterna magica". Le macchie di luce brillano sulla proiezione, come sulla memoria, commuovono le parole, ora mute da guardare, ma sonanti sulle tue labbra.: furono urlate in una sicurezza sbiadita dal tempo e dal logorìo delle emozioni spietate.Solo lacrime per un fazzoletto.
Lo schiaffo tonò sordo sul viso barbuto di Enrico, non una parola, non un movimento. Il tempo si rannicchiò in un angolo quando la mano di Siria, piena e solenne, impattò contro il suo viso, il suo nome, la sua vita, a scacciarli via.Il collo fu piegato verso destra al punto che il ragazzo, mortificato, non issò gli occhi fatti di lacrime, pieni di colpe, muti; Ricò, cosi lo chiamava, giocosamente Siria, stringeva i pugni mentre quella guancia si fletteva a nascondersi per il rossore violento.Siria lo aveva colpito con rabbia di fuoco: tutta se stessa in un istante destinato a durare oltre le foglie d'autunno.Enrico indietreggiò di due passi e si voltò per raggiungere la camera da letto, Siria si lasciò cadere su quella sedia un po' più in là; era robusta, di legno massiccio, scura. Sollevò i piedi nudi dal cotto, raccolse le gambe al petto e perse il suo sguardo nel profumo di fiori freschi regalateli da Enrico qualche ora prima. Il silenzio sibilava soffice in camera, le pareti erano luminose come i giorni migliori, la luce tagliava, morbidi, i vetri. Ricò entrò, si appoggiò sul comò a sorreggersi e vide di fronte a sé un'immagine riversa allo specchio senza riconoscersi, poi si diresse verso l'armadio. Lo aprì con una carezza, osservò i pezzi lì ordinati e attese qualche minuto la molla, quella che fa scattare il volere: prese, dunque, la valigia e l'adagiò lieve, sul letto.
Era freddo il sudore sul collo di Enrico, mentre il sangue s'ingrossava fino alle tempie, a bruciare. Si guardava intorno, percorreva più volte lo spazio della camera, nervosamente; dalla finestra all'armadio, al letto, al comò fino ad arrestarsi ad un passo dalla soglia della stanza senza avere la forza di aprire la porta: era ancora accostata, ma non c'erano correnti che potessero trapelare ed in quel momento comprese Siria: aveva chiuso tutti gli spiragli. Ricò, timidamente, spinse lo sguardo sino alla foto felice che trionfava lucida sul comodino vicino il balcone e trovò, poco oltre, l'inevitabile in quel fardello che giaceva sul lettoPer ogni indumento riposto, gli occhi esondavano ad accecarlo, ma Enrico resisteva a malapena all'impeto istintivo, non poteva permetterselo. Si limitava, per aiutarsi, a premere l'avambraccio contro la bocca e a tirare su col naso. Prima la biancheria intima, poi i pantaloni, a seguire le camicie ed, a chiudere, il suo libro preferito. Aveva preso forma un bagaglio per una partenza imprevista, non voluta. Enrico, appena finito, fece scorrere la cerniera, afferrò la maniglia e tirò giù a strappo; ne sentì il peso e la brutalità, ancora.La porta della camera si muoveva, leggera, impercettibilmente, ma non era di certo il respiro di Siria a tremarla, piuttosto la speranza di Ricò. Attraversò il corridoio verso l'ingresso tenendo la testa verso l'alto; man mano che la soglia si avvicinava, le palpebre battevano ripetutamente come ali incerte al primo volo. Ricò aspettava, o meglio, pregava che Siria lo trattenesse, ma indubbiamente qualsiasi motivo lo avrebbe fatto desistere, restare. Le gambe di Enrico erano piombo da sollevare, l'aria, un muro, Siria, immobile, arroccata su quel ciliegio.
Si chiuse la porta con un flebile doppio tocco, delicato come mai, teatrale come la violenza. Enrico corse via e si fermò solo quando perse il fiato, ma non il pianto, mai rotto.
E d'improvviso son le tue parole per me.
Era trascorso un anno da quel giorno in cui il principe la incontrò per la prima volta, lì, sul piccolo sentiero disegnato dall'imprevisto ottobre, allestito di fantasia ed alberi dalle foglie profumate.
Quel giorno il principe arrivò su un cavallo nero, si fermò a pochi metri dalla fanciulla. Il tramonto era passato in punta di piedi da un'ora circa e il cielo non era ancora di blu, in una sera d'autunno tiepida ed invitante.Lei assorta, seduta ai piedi della chiesa del villaggio non sentì arrivare il principe per suo umore tempestoso. Il giovane uomo, lentamente, si voltò verso di lei, quasi per non invaderne i pensieri: la osservò per pochi secondi. Capelli lunghi e neri, tirati su senza vanità. Poi il suo sguardo perduto. Quando la ragazza alzò il capo, sulla sua bocca erano ancora lacrime, salate come le partenze a lungo preparate.
Con innata ed imprevista spontaneità i due proseguirono per quella via di pietre tagliate e di luna crescente sotto lo sguardo marmoreo di eroi della patria; si fermarono alla fontana ad ascoltare il gorgoglìo perpetuo delle acque e per ammirarne le sculture di volatili che la fanciulla non comprese.Camminarono finché gli occhi della gentile donzella brillarono per rincuorato sorriso, le sue mani toccarono ogni albero del parco; fin quando il principe non le offrì, protettivo, il suo braccio.
Il principe ama trascorrere il pensiero di lei in quel sentiero e sentire l'odore di quelle foglie che lei amava..